di SIMONA VITALI
Quante volte sentiamo dire "Il peperone mi piace molto ma non lo digerisco", lasciando intendere la rinuncia a consumare questo ortaggio così gustoso e ricco di proprietà benefiche!
Ebbene sappiate che esiste un peperone che è la riscossa per tutta la categoria: il Peperone di Voghera, dolce e delicato, di un lieve e piacevolissimo piccante. In una parola un peperone elegante che, buona notizia!, ha un'altissima digeribilità. La sua particolarità sta nella forma pressoché cubica e costolatura a quattro coste (di cui una pronunciata) e in un distintivo color verde molto chiaro che vira in un giallo intenso con sfumature arancio. In entrambe queste fasi di maturazione si presta ad essere consumato. È solo una questione di preferenze: nel primo caso la polpa, che è sottile e poco acquosa, si presenta croccante seppur tenera, nel secondo è più morbida. La sua stagione va da fine luglio a fine ottobre e, a seconda del tempo, può protrarsi anche fino a novembre e in taluni casi a dicembre.
Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell'Università di Pavia ha individuato nel peperone di Voghera ricchezza di vitamina C, vitamina E, provitamina A e carotenoidi, e pure la capsaicina, capaci di contribuire a contrastare malattie come l'invecchiamento, patologie metaboliche, neurovegetative e tumori.
E pensare che per un certo periodo, del Peperone di Voghera si è rischiato di perdere le tracce! Una perla dell'Oltrepo Pavese, coltivata a Voghera già da metà ‘800, che tra il 1920 e il 1940, nei terreni argillosi lungo il torrente Staffora ha raggiunto il suo picco produttivo. In quel periodo è nato anche il mercato ortofrutticolo coperto, in cui convergevano carri trainati da cavalli con prodotti agricoli. Non solo, partivano pure treni carichi di peperoni per la Germania.
E questo finché, negli anni '50, l'intensiva coltivazione, non accompagnata da opportuna rotazione, non ha favorito la diffusione di una malattia fungina, tipica dei terreni argillosi, che ha intaccato le piante. E' grazie a coltivatori veri, di quelli che mantengono ostinatamente il legame con le proprie radici, come Gianfranco Inglese e altri ‘vecchi' della zona, che oggi possiamo parlare ancora di peperone di Voghera, anzi di una vera e propria rinascita, per come questo ortaggio mai scomparso ha ripreso terreno. Ed è attraverso le loro vicende personali che riusciamo a tracciare un percorso fino all'oggi.
Andrea Olezza, nipote di Gianfranco, racconta come proprio in quegli anni, fatalità della vita, il nonno si fosse trasferito da Voghera a Ghiaie di Corana, continuando a selezionare e coltivare, fra gli altri ortaggi, il peperone di Voghera in quel terreno di limo sabbioso sulle sponde del Po, che non avrebbe tardato a rivelarsi il più adatto per questo genere di coltivazione, come altri hanno poi sperimentato.
Cambiare zona ma soprattutto tipo di terreno, questa è stata la vera salvezza per il peperone di Voghera!
Tra gli anni '60 e gli anni ‘90 Gianfranco di peperoni ne coltivava tanti, producendo sementi e piantine in larga scala, anche per altri. E li vendeva al mercato di Voghera, ai privati e pure a diverse gastronomie di Voghera e Pavia. Chi acquistava, li prendeva verdi e in quantità massicce, anche 30/40/50 kg alla volta, da mettere sott'aceto in damigiana per un paio di mesi, perché fossero pronti a Natale, da mangiare insieme ad arrosti e bolliti. Questo era l'utilizzo specifico che all'epoca si faceva del peperone di Voghera, per tutto il resto c'erano gli altri peperoni.
Era bambino, Andrea, quando assorbiva silenziosamente insegnamenti indiretti, trascorrendo molte ore nella campagna insieme al nonno materno. Una volta cresciuto e presa la patente, anche per la smania di usare l'auto, andava a trovare volentieri gli amici del nonno, i fratelli Tava, e si fermava ad aiutarli "a fare le piantine".
Stava ancora studiando, in quinta liceo, e già si era preso cura di 1500 piantine che aveva personalmente trapiantato. Nessuno in famiglia avrebbe mai pensato che, finita la scuola, quella sarebbe diventata la sua professione… tutt'al più un passatempo . Ancora oggi la madre Rita, che lo affianca con la stessa passione trasmessa anche a lei da suo padre, dice che suo figlio è stato una sorpresa incredibile!
Andrea ci si è messo sul serio dedicandosi alla produzione di tutti gli ortaggi possibili tra estivi e invernali, con particolare predilezione per il peperone di Voghera, di cui ha imparato a fare la selezione: il suo preferito e l'unico peperone che riesce a mangiare, pur coltivandone anche altri. Una passione di famiglia, si potrebbe dire, che a ben indagare parte da molto lontano nel tempo.
Era il 1939 quando lo zio del nonno, Francesco, in occasione Concorso nazionale del grano e dell'azienda agraria, ha ricevuto un Premio per l'incremento delle produzioni orticole pregiate, giusto per i peperoni di Voghera. È singolare come li coltivasse: li seminava a fine dicembre in serra, di notte teneva alimentata una stufa che riscaldasse la serra e il giorno dell'Ascensione ( in cui a Voghera c'era una grande Fiera) aveva già pronte le piantine con i peperoni.
Nel 2005 è partito l'interessamento dell'Istituto agrario Gallini di Voghera, che si è impegnato a compiere un'indagine approfondita su questo prodotto identitario, potendo disporre di importanti testimoni, detentori di un sapere antico. È stato quindi costituito un comitato tecnico scientifico che ha avviato prove sperimentali in tre località diverse. La valutazione finale è spettata a una commissione di esperti (perlopiù i vecchi agricoltori, fra cui il nonno di Andrea) che hanno individuato la varietà tipica originale.
Sull'onda di questo rinnovato impulso, nel 2008 nasce PepeVo, ad opera degli allora quattro produttori, con l'intento di salvaguardare questa varietà e valorizzarla. Viene pure redatto un disciplinare. Andrea Olezza, che è pure vivaista dell'associazione, cioè in collaborazione con CREA (Centro di ricerca genomica e bioinformatica) fornisce le piantine agli altri produttori, viene nominato presidente.
Il peperone di Voghera ottiene il marchio De.Co. e viene annoverato fra i prodotti dell'Arca del Gusto di Slow Food. Intanto continuano le ricerche sperimentali ad opera dell'Istituto Gallini, l'Università di Pavia e Crea, nell'ottica di valorizzare al meglio le sue caratteristiche specifiche.
Dalla sua costituzione PepeVo ha accolto altre due realtà produttive, rispetto alle quattro originarie, che è interessante conoscere per le loro peculiarità.
Tutto nasce nel 2010 quando, Nicola Piccione e la moglie Alice, che vivono e lavorano a Milano in una fintech internazionale, "quanto di più lontano da terra e Food" come è solito dire Nicola, decidono di acquistare una cascina a Robecco Pavese, dove rifugiarsi nel loro tempo libero. A poco a poco iniziano a popolare la cascina di arnie, animali da cortile di diverse specie (oche, quaglie, conigli, un maiale) e si indirizzano verso un'orticoltura di qualità secondo i principi del biologico, con un occhio di riguardo alle piccole produzioni di zucche berettine, mele pomelle, mais otto file.
Incuriositi dal peperone di Voghera, si affidano ad Andrea Olezza per intraprendere anche questa coltivazione. Il terreno risponde bene sin dal primo anno, così iniziano nel loro piccolo a pensare di trasformare questo prodotto stagionale, per poterlo vendere tutto l'anno. Grazie al laboratorio di Voghera avviano una piccola produzione di una delicatissima confettura che rende giustizia all'eleganza del peperone, e tramite un'azienda agricola che dispone di grandi essicatoi, propongono il riso con peperone essiccato già miscelato per la cottura. Mantenendo le vecchie tradizioni propongono pure il peperone in agrodolce, come già fanno diversi colleghi.
Nicola e Alice hanno già capito che questo particolare peperone che i clienti stanno apprezzando tanto perché è diverso, a detta di più d'uno "l'unico che si riesce a digerire", avrebbe potenzialità superiori rispetto a ciò che si sta realizzando in questo momento. Solo a Milano in pochissimi lo conoscono. "Bisogna fare un network, una rete, lavorare insieme!" dicono. Quello che per loro rimane l'impegno principale di lavorare in smart working nel fintech, presso la Cascina del Sabbione dove si sono definitivamente trasferiti, gli restituisce con ogni probabilità una visione chiara di quanto, unendo di più le forze, si possano ottenere risultati ancora migliori. Inoltre i loro primi passi in direzione della trasformazione del prodotto potrebbero essere un buon apripista per PepeVo.
Intanto hanno già dato un senso alla loro piccola attività, ospitando tramite l'associazione Cambalache, che si occupa di formare all'apicoltura richiedenti asilo e rifugiati (progetto di apicoltura sociale) due giovani migranti che ora hanno assunto.
Per quasi cento anni la famiglia Baggini si è passata il testimone dell'omonima azienda agricola, finché non è toccato a Moreno decidere fra due mondi, quello dell'agricoltura appunto e quello del sociale su cui ha costruito la sua professionalità. È nato così un progetto, Orti sociali di Voghera, che ha unito entrambi, per cui l'azienda Baggini, già vocata al biologico, si è indirizzata alle produzioni ortofrutticole attraverso l'agricoltura sociale. Per questo - sempre ad opera di Moreno - è nata cooperativa 381, per l'inserimento al lavoro di disabili psichici, carcerati, alcolizzati e tossicodipendenti.
Bisogna vederli all'opera questi ragazzi lungo le corsie dei grandi appezzamenti di terreno mentre interagiscono fra loro (e già la loro diversa provenienza è un grande stimolo) e al contempo raccolgono messaggi importanti nel contatto con la terra, vedendo con i loro occhi che lì va in onda la vita, da un piccolo seme al frutto, come li fanno riflettere gli ortoterapisti che li affiancano.
Anche per loro il peperone di Voghera è diventato una piccola missione da portare avanti. Sanno che una volta raccolto verrà in parte messo sott'aceto nelle damigiane in vista del Natale e per la maggior parte venduto nel proprio punto vendita - La butega dl'urtlan - gruppi di acquisto solidali, mercatini locali ma anche privati che vengono direttamente in campagna a raccogliere insieme ai ragazzi che, cosa importante, stanno imparando un mestiere.
Ecco che tramite Moreno la produzione del peperone assume sfaccettature completamente inclusive, con l'efficacia non solo di insegnare un mestiere ma anche di consentire a molti di questi ragazzi di trovare lavoro presso qualche azienda agricola della zona.
Intanto dal 2017 c'è chi ha portato un suo contributo alla promozione del peperone Voghera, andando a rinforzo dei canali (perlopiù mercatini) attraverso cui i produttori si muovono. Teresio Nardi, Fiduciario Slow Food, ha fortemente voluto e organizzato una vera e propria sagra dedicata a questo prodotto, in cui farlo conoscere attraverso tutte le possibili declinazioni culinarie, grazie all'estro di cuochi e gelatieri del territorio. Questo evento che ogni anno, da tre anni, si va ripetendo a inizio settembre (tranne quest'anno per ovvi motivi) ha contribuito a diffondere cultura e pure a nobilitare quello che è diventato protagonista di tanti piatti.
Nella cucina attuale il peperone di Voghera viene declinato nei più svariati modi. A parte il consumarlo crudo che per gli estimatori è sempre un bel mangiare, ci sono Osterie e ristoranti del territorio che ci credono in modo particolare e non perdondo occasione per fare proposte sempre nuove e allettanti.
L'osteria del Campanile sfizia i palati con la crostatina salata di peperone a scaglia del Brallo, la bavarese al peperone con crumble di acciughe, il pennone Senatore Cappelli con crema di peperoni o il Mantecato di patate e peperone per fare alcuni esempi.
Attivissimo il ristorante Selvatico , con i suoi tortelli di merluzzo e peperone, trippa con peperoni e ceci e, nella versione dolce, la torta al cioccolato o la mousse al cioccolato bianco al peperone e molto altro. Ogni motivo è è buono per creare un nuovo piatto. Ormai la direzione è chiara: sbizzarrirsi ben oltre la storica ricetta del sott'aceto, che ha fatto la storia del peperone di Voghera!
Desidererei trovare sementi o piantine, mi suggerireste da chi ?
Buongiorno, per i sementi può contattare la Bottega degli Ortolani in via Negrotto Cambiaso 68 (Tel. 339-6259189), per le piantine è un po tardi perchè le stiamo raccogliendo, se vuole lasciare un numero di telefono la contattiamo.
Un saluto.
Complimenti per il vostro pregevole lavoro.
Vi contatterei, se possibile ,a dicembre per comperare semi.
Vado in pensione e vorrei ricreare l’orto di mio padre
Grazie! certamente, non esiti a contattarci, a presto.